Oggi parliamo di un argomento essenziale dal punto di vista tecnico-burocratico: le procedure edilizie.
È bene sapere che chiunque si trovi ad aver a che fare con interventi di ristrutturazione, anche
se apparentemente possono apparire di poco conto, deve presentare, secondo l’importanza
dell’intervento che intende eseguire, un determinato tipo di comunicazione allo sportello unico dell’edilizia del
proprio comune per comunicare l’inizio dell’attività e solo successivamente
procedere con l’inizio dei lavori,
in caso contrario, oltre a non poter accedere alle agevolazioni fiscali previste per le ristrutturazioni e
efficientamento energetico, si può rischiare la sospensione dei lavori e una sanzione
amministrativa, per gli interventi di minore entità iniziati senza
autorizzazione, fino ad arrivare a sanzioni
penali per abusi edilizi.
Quindi perché rischiare?
Visto che la Legge non ammette ignoranza
è meglio informarsi e sapersi districare
un po’nel mare magnum della
burocrazia.
Vediamo dunque più nel dettaglio
le varie comunicazioni a cosa servono e in cosa si differenziano.
Iniziamo dalle attività
di edilizia libera.
La Legge 73/2010
ha modificato il Testo Unico per
l’Edilizia (DPR 380/2001), nello specifico l’articolo 6, dove vengono
definite le distinzioni tra le varie
attività non soggette a titolo abilitativo, quindi a DIA o Permesso di Costruire.
Gli interventi
edilizi cosiddetti liberi, ossia quelli non soggetti ad alcuna
comunicazione all’amministrazione comunale, sono interventi ovviamente molto circoscritti,
che riguardano la manutenzione ordinaria
dell’immobile e che intervengono in modo molto limitato, ad esempio la
pittura delle pareti interne. In questo caso, vista l’esiguità dell’intervento,
non è necessaria alcuna comunicazione all’amministrazione,
al massimo basta una lettera su carta semplice che descrive l’intervento, ma
senza alcuna obbligatorietà, e si può procedere tranquillamente con i lavori.
Successivamente si passa agli interventi edilizi soggetti alla
sola Comunicazione d’Inizio Lavori
– CIL
– che riguardano gli interventi,
sempre di manutenzione ordinaria un
po’ più complessi, ma anche e
soprattutto manutenzione straordinaria,
purché non si modifichino le parti dell’edificio,
non si aumentino le unità immobiliari
e non si mutino i parametri urbanistici.
Un esempio può essere la ristrutturazione
del bagno, anche con l’ammodernamento degli impianti, a patto che non si muti la sagoma neanche di pochi
centimetri, non si demoliscano tramezzi e
si cambi la disposizione degli ambienti, perché in questo caso di deve
ricorrere ad una comunicazione asseverata, ossia alla CILA.
Per presentare la CIL basta la compilazione di un modulo
preimpostato da parte del proprietario dell’immobile in carta semplice, dove
indicherà il tipo d’intervento da realizzare. Non appena questa comunicazione
viene protocollata, si potrà
procedere con l’inizio dei lavori, quindi
l’inizio può essere immediato, anche
il giorno stesso della consegna della comunicazione.
La CILA, è la
Comunicazione d’Inizio Lavori Asseverata, si fa ricorso a questa
comunicazione formale, per i lavori di manutenzione straordinaria, dove la semplice CIL, da parte del solo
proprietario, non basta più, e serve
un’assunzione di responsabilità da parte
di un tecnico abilitato, questi redigerà gli elaborati grafici necessari a illustrare il progetto, corredando il
tutto con una relazione tecnica a
descrizione dell’intervento e si
assumerà la responsabilità della corretta
esecuzione.
Con la CILA si
possono eseguire anche lavori che prevedano parziale o totale demolizione di tramezzi e realizzare pertanto
anche cambi nella disposizione degli
ambienti interni; tipico esempio è
la trasformazione della cucina in una cameretta, con
conseguente nuova realizzazione di un
angolo cottura in sala da pranzo,
o l’aggiunta di un secondo bagno in
camera.
Questo tipo di comunicazione tuttavia, può essere richiesta solo per gli immobili che non presentino vincoli architettonici o che non ricadano in zone
vincolate, (vincoli paesaggistici, storici ecc.) e per interventi che non
interessino parti strutturali dell’edificio,
perché in questo caso si deve salire di grado, e richiedere una SCIA.
La SCIA, Segnalazione
Certificata di Inizio Attività, non ricade nelle attività di edilizia
libera, ed è necessaria quando, come detto sopra, l’intervento avviene in edificio o zona vincolata, e per tutte
le opere edili con un’incidenza
urbanistica superiore alla CILA, ma non soggette al pagamento di oneri concessori, come nel caso del Permesso di Costruire.
La SCIA è
necessaria ad esempio, quando si debbano effettuare interventi di manutenzione straordinaria che prevedano demolizioni più importanti, anche di elementi strutturali, come parti di
solaio o modifiche di scale non autoportanti, o per variazioni che intervengano
sui prospetti esterni degli edifici.
Insomma, la SCIA entra in gioco dove si richiede un titolo abilitativo; ma anche la SCIA ha i suoi limiti, e non sostituisce la DIA Onerosa, ne il Permesso di Costruire, che restano i “titoli
abilitativi supremi” in ambito di attività edilizia.
Anche per la SCIA servono, oltre all’autocertificazione del proprietario, la relazione tecnica firmata dal professionista abilitato, gli elaborati grafici, il DURC (Documento Unico di Regolarità
Contributiva) dell’impresa esecutrice, vedi: http://www.cnce.it/durc/index.html, i bollettini attestanti l’avvenuto pagamento dei diritti di segreteria, più gli eventuali nulla osta, ove necessari, per esempio in caso di vincoli.
Nella speranza di aver fatto un po’ di chiarezza e dato qualche semplificazione in tema di procedure edilizie lascio questo spazio aperto per chiunque volesse chiedere ulteriori chiarimenti o approfondimenti, se può
essere d’aiuto, sarò lieta di mettere a disposizione le mie esperienze e competenze.
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