Normalmente
siamo soliti misurare, pesare e quantificare gli oggetti della nostra vita
quotidiana e le materie prime che li compongono, utilizzando unità di misura
come il peso e il volume e per avere un’idea più pratica, e di facile
intendimento, traduciamo il tutto introducendo il suo valore economico.
Utilizziamo il
Kg per il peso, il metro cubo per il volume, e pensando nel prezzo, impieghiamo
la nostra moneta.
Questi sistemi
di misura, benché molto descrittivi e immediati non risolvono però tutte le
variabili e si limitano a contemplare solo le caratteristiche fisiche più
visibili di un dato prodotto e quelle economiche derivate.
Vi è però la
necessità di considerare, fra tutti, un fattore aggiuntivo, che risultando di
vitale importanza non può certo passare in secondo piano.
Si tratta del
cosiddetto costo ambientale, che si può
desumere dall'analisi approfondita di tutte le fasi vitali di
ogni oggetto o prodotto: creazione, distribuzione, messa in opera, uso e
disposizione finale, parlando in termini di ciclo di vita.
Attraverso
l’analisi del ciclo di vita, (ACV) possiamo calcolare l’impatto che un dato
prodotto genera sull’ambiente
durante tutte le sue fasi di vita, con un approccio cradle to grave - dalla culla alla tomba – cioè
dall’estrazione della materia prima alla sua disposizione finale, ossia quando
il prodotto arriva a fin di vita e deve essere smaltito.
Oppure con un
approccio più sostenibile, cioè quello cradle
to cradle, dalla culla alla
culla, che, come suggerisce la metafora, significa riciclare il prodotto quando
non sia più utilizzabile, quando sia arrivato alla fine del suo ciclo di vita,
così da recuperarlo per riiniziare un nuovo ciclo di vita.
Attraverso
l’analisi del ciclo di vita potremmo arrivare a conoscere anche le quantità di
anidride carbonica emesse in ognuna delle singole fasi del ciclo di produzione
di un prodotto e quindi considerare il consumo di ettari di superficie necessaria
per produrlo o gli ettari di superficie di bosco necessario ad assorbire e
perciò compensare le tonnellate di CO2 emesse.
Possiamo
quantificare il consumo di combustibile e pesarlo in litri, però, dal punto di
vista ecologico, sicuramente sarà più indicativo usare come unità di misura le
tonnellate di CO2 immesse
nell’ambiente.
Oltre
all’analisi del ciclo di vita, un altro indicatore molto importante è
l’impronta ecologica (ecological
footprint), che invece serve per determinate la quantità di risorse
ambientali che ogni persona o determinata comunità utilizza, e che serve per
fornire risposte rapide a domande che riguardano gli abiti di consumo delle
persone, e quindi gli alimenti necessari al proprio sostentamento, fino ad
arrivare alla generazione di rifiuti.
Con il calcolo
dell’impronta ecologica si ottiene pertanto una stima approssimata della
quantità di terreno necessario per sostenere una data comunità, producendo gli
alimenti essenziali al sostentamento; si mette in relazione pertanto il consumo
umano delle risorse naturali, con la capacità della terra di poterle generare.
Per considerare
e quantificare i consumi e le emissioni abbiamo diverse unità di misura, che
possiamo convertire mediante forma di equivalenza; Tonnellate di peso di
materiale o tonnellate di CO2 equivalente
a ettari di superficie o metri cubi di volume.
Per misurare l’energia consumata disponiamo di un’altra unità di misura, il joule.
La possibilità
di convertire l’impatto di un materiale in differenti unità è importante perché
permette di comparare due fattori importanti: da una parte, il calcolo degli
ettari di biocapacità necessari per produrre un bene e assorbire CO2, dall'altra il
calcolo della tep (tonnellata equivalente di
petrolio), che permette di specificare quante tonnellate di petrolio siano
necessarie per produrre un Kg di materiale.
Come abbiamo
detto in precedenza è possibile misurare e pesare, pertanto calcolare l’impatto
di ogni materiale, ossia il suo grado di sostenibilità.
Possiamo usare
l’analisi del ciclo di vita per comparare differenti alimenti, sistemi di
trasporto, e forme di vita, nell’alimentazione sappiamo che gli ettari di campo
per produrre gli alimenti di una determinata dieta, dipendono logicamente dai
suoi componenti.
Ad esempio si è
visto che per produrre un alimento di origine animale si necessitano molte più risorse
che per produrre alimenti vegetariani.
Ciò si può
spiegare in modo semplice. La produzione della carne a livello industriale
intensivo, implica il soddisfacimento dell’alimentazione, della necessità
d’acqua e di soddisfare i bisogni fisiologici e di salute di migliaia di capi
di bestiame.
Analizziamo il
tutto per gradi:
possiamo partire
dalla premessa più intuitiva e dire che le proteine che consumano gli animali
che alleviamo le potremmo consumare noi direttamente.
Basti pensare,
infatti, che più del 40% dei cereali del mondo e più di 1/3 dei prodotti ittici
siano utilizzati per alimentare il bestiame. Per ottenere 1 Kg di proteine di
origine animale dobbiamo utilizzare tra i 3 e i 20 Kg di origine vegetale,
secondo la specie e le modalità di allevamento utilizzate.
Questo dato è
socialmente insostenibile, se pensiamo che la quinta parte de la popolazione
mondiale non ha risorse per un’alimentazione sufficiente.
Il consiglio
mondiale per l’alimentazione delle Nazioni Unite, calcola che basterebbe
dedicare un 10-15% del grano che si destina al bestiame per soddisfare le
necessità d’alimentazione di questa quinta parte che soffre la fame.
Il tema
dell’efficienza energetica è il secondo argomento da considerare a vantaggio di
un’alimentazione più ricca di vegetali, basti pensare che la stessa superficie
di terreno può produrre fino a 26 volte più proteine, se in esso si
coltivano vegetali per consumo umano, invece che animale. Anche la
deforestazione è strettamente collegata alla necessità di aumentare la
coltivazione dei terreni per sostenere la domanda mondiale di foraggio.
Si può dire che
al livello di gas serra il settore dell’allevamento influisce quasi come il
trasporto e secondo uno studio della FAO, il settore è responsabile anche dell’emissione
del 37% del metano, che si origina nel sistema digestivo dei ruminanti.
Pertanto per far
sì che la nostra dieta sia più sostenibile e senza dubbio, come ormai
accreditano anche numerose fonti mediche, più sana è necessario che sia più
ricca di frutta e verdura, meglio se di origine locale per ridurre al minimo
l’altro noto nemico dell’ambiente che è il trasporto.
Anche perché il
trasporto è un altro fattore determinante in termini di emissioni.
L’impronta
ecologica del trasporto incide notoriamente sull'emissione di gas
contaminanti all’atmosfera, e anche questa dipende totalmente dai nostri
costumi. Si può parlare di spostamenti quotidiani, o saltuari, secondo il
percorso che facciamo, se ci muoviamo per andare al lavoro, a fare spesa,
partire per il week end o andare in vacanza.
Qui la
differenza è molto più eclatante di quella
osservata nell'alimentazione o nell'edilizia, altro
settore che ovviamente contribuisce e non
poco all'emissione di gas serra.
I dati che più
incidono sono quelli che si riferiscono agli spostamenti che avvengono durante
il fine settimana, per raggiungere le seconde case, ma soprattutto per
spostarsi per le vacanze, infatti i voli sono carissimi in CO2.
Qui si vede
quanta differenza ci sia nell'utilizzare un sistema di trasporto o un
altro.
Ovviamente,
sotto il punto di vista del trasporto il mezzo più efficiente, in termini di
sostenibilità è la bicicletta, quindi i mezzi pubblici come il treno o il tram
e gli autobus.
Nel gruppo dei
grandi contaminanti incontriamo senza dubbio i veicoli privati, dipendendo
ovviamente dalle caratteristiche di ogni automobile, dalle dimensioni, dal
carburante che le alimenta, dalle caratteristiche del motore più o meno
efficienti dal punto di vista ecologico.
Come abbiamo già
accennato, però, l’ultimo gradino della sostenibilità, in tema di trasporti la
occupano gli aerei, basti pensare che per un viaggio andata e ritorno da Roma a
Milano si emettono un totale di 0.38 t di CO2, e un viaggio fatto in macchina
costa 0.24 t, contro le 0,07t di CO2 emesse per lo stesso tragitto in un
viaggio in treno veloce.
Lascio a titolo
di curiosità due link di calcolatori di CO2, ognuno può vedere quante
emissioni produce, nei viaggi, nei pasti e persino nelle bollette
dell’elettricità, a me ha fatto pensare molto!
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